Mentre in Italia si fa a gara a colpi di affermazioni sgradevoli a chi sta facendo di più e meglio contro la crisi climatica, finalmente è stato approvato uno dei documenti più importanti per la nostra storia recente: il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr).
Piccolo riassunto utile: il Pnrr è un documento sintetizzato dal governo italiano e dai suoi funzionari per accedere ai fondi messi a disposizione dall’Unione europea. Fondi utili per far fronte alla crisi economica causata da quella sanitaria. Parliamo di oltre 220 miliardi di euro complessivi messi a disposizione del governo italiano per accelerare la transizione ecologica e digitale e soprattutto per migliorare l’equità di genere e tra generazioni. Una cifra che il nostro paese non ha mai visto, neanche – in proporzione – nel secondo dopoguerra col piano Marshall.
Nella “puntata” precedente abbiamo parlato di transizione ecologica, del suo significato e delle sue ripercussioni sulle nostre azioni per un futuro migliore. Per tutti. Questa volta cerchiamo di capire quali sono e dove si trovano i passaggi dedicati all’agricoltura sostenibile in questo documento approvato in via definitiva a giugno.
Il Pnrr è diviso in sei missioni:
- Digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura
- Rivoluzione verde e transizione ecologica
- Infrastrutture per una mobilità sostenibile
- Istruzione e ricerca
- Coesione e inclusione
- Salute
La missione 2, dedicata alla rivoluzione verde e alla transizione ecologica, ha a disposizione quasi 60 miliardi di euro per superare difficoltà quali la burocrazia e flussi di autorizzazione troppo complessi al fine di raggiungere l’obiettivo di emissioni nette zero (climate neutrality).
Nella speranza che l’accezione di “rivoluzione verde” non sia quella del secondo dopoguerra, che persino la Fao ha dichiarato come “esaurita” perché basata “su sistemi agricoli che sfruttano in modo intensivo le risorse con eccessivo consumo e inquinamento di suolo, acqua e con conseguenze negative anche per la qualità dell’aria e per la biodiversità” – oggi si parla di agroecologia –, vediamo nel dettaglio cosa comprende.
La missione 2 è divisa, a sua volta, in quattro componenti:
- Economia circolare e agricoltura sostenibile
- Energia rinnovabile, idrogeno, rete e mobilità sostenibile
- Efficienza energetica e riqualificazione degli edifici
- Tutela del territorio e della risorsa idrica
Entriamo nel particolare che qui più ci interessa: economia circolare e agricoltura sostenibile. Un tema da 5,27 miliardi di euro. Questa ha un duplice scopo: migliorare la gestione dei rifiuti verso un’economia circolare e sviluppare una filiera agricola e alimentare sostenibile.
L’Italia ha recepito le direttive europee in materia di economia circolare con l’obiettivo di arrivare al 65 per cento di rifiuti riciclati entro il 2035 e con solo il 10 per cento di rifiuti che finisce in discarica. Servono quindi investimenti in grado di colmare il divario tra nord e sud, creando nuovi impianti di gestione e smaltimento e migliorando quelli esistenti. Per questo il 60 per cento dei fondi destinati a questo scopo (2,1 miliardi di euro) andrà a sostegno di comuni e regioni del Mezzogiorno d’Italia.
I materiali che più hanno bisogno di essere smaltiti in modo corretto sono i rifiuti da apparecchiature elettriche ed elettroniche (Raee), la carta e il cartone, la plastica e i materiali del settore tessile. Un dato presente nel Pnrr conferma che più del 50 per cento della plastica raccolta in Italia è considerata come “rifiuti plastici misti”: non viene riciclata, ma destinata a termovalorizzatori o discariche. Insomma, secondo il Pnrr ci vuole un programma nazionale per la gestione dei rifiuti che faccia da collegamento tra Commissione europea e regioni.
Un altro tema interessante della prima componente della missione 2 è quello legato ai parchi agrisolari. Cosa sono e a cosa servono? L’Italia è tra i paesi che consumano più energia per la produzione di cibo. Per questo va ridotta o prodotta attraverso fonti rinnovabili installando pannelli solari sui tetti degli edifici del settore agricolo, zootecnico e agroindustriale: una superficie di oltre 4 milioni di metri quadrati.
Infine, sempre secondo il Pnrr, sostenibilità significa investire sull’agricoltura di precisione per ridurre fino al 40 per cento l’utilizzo di pesticidi e le emissioni inquinanti, visto che oggi l’80 per cento circa degli automezzi agricoli in circolazione è dotato di motori Euro 1.
Il documento, quindi, altro non è che una linea guida. Ora c’è bisogno dell’intervento del ministero competente che, attraverso un decreto, dimostri di essere in grado di definire al meglio come spendere questi miliardi, tanti, e trasformare le parole in azioni. Per rendere anche la filiera agricola italiana all’altezza del concetto di transizione ecologica. Un decreto che superi l’ideologia e le promesse. Perché, come anche dichiarato dall’Italian climate network – l’organizzazione italiana che si occupa di cambiamenti climatici –, non c’è più tempo da perdere in “dichiarazioni vuote, accusatorie e senza contenuti. Oggi è necessario delineare il futuro del nostro Paese, senza inutili rumori di fondo”.