Gli albori della scienza dell’alimentazione
Siamo quello che mangiamo: questa frase, attribuita ad Ippocrate, ci ricorda che la relazione tra cibo e salute è un argomento noto fin dall’antichità. La scienza della nutrizione vera e propria, però, nasce con il metodo sperimentale di Galileo Galilei. E bisogna attendere il XVIII secolo per avere il primo studio clinico costruito con i parametri moderni, attribuito a James Lind (1716-1794), un medico della marina britannica; scoprì che la causa dello scorbuto, malattia diffusa tra i marinai, era una carenza di vitamina C.
Con gli anni, la ricerca in nutrizione diventa sempre più complessa e si chiariscono alcuni elementi essenziali: per esempio, non è il singolo alimento a fare la differenza tra salute e malattia ma l’insieme della dieta e un alimento naturale ha effetti benefici maggiori di un integratore che cerca di mimarne le proprietà. Restano però domande importanti: perché persone diverse possono avere reazioni diverse ad un determinato cibo, come nelle allergie? In che modo alcune molecole contenute nei cibi possono interagire con il nostro DNA “spegnendo” o “accendendo” alcuni geni? Quale ruolo ha la composizione del microbiota intestinale sulla salute? Queste tre aree di ricerca, la nutrigenetica, la nutrigenomica e la microbiomica sono il presente e il futuro della scienza dell’alimentazione.
La nutrigenetica
Il nostro DNA è come un manuale di istruzioni di cui sono dotate tutte le cellule del corpo, in cui c’è scritto cosa devono fabbricare e come si devono comportare per funzionare al meglio. Ogni cellula legge “i capitoli”, cioè i tratti di DNA, di proprio interesse. In ogni essere umano questo manuale di istruzione è identico per il 99,7%; nello 0,7% sono racchiuse non solo le diversità legate all’aspetto fisico, ma anche piccole variazioni nella produzione di alcuni elementi che servono all’organismo.
La scienza che studia il profilo genetico individuale e lo associa a specifici bisogni nutrizionali è la nutrigenetica. Oggi conosciamo diversi effetti di varianti genetiche sul metabolismo. Una di esse per esempio fa sì che ci vogliano livelli più alti di vitamina B12 ed acido folico per mantenere bassi i livelli di omocisteina, una proteina coinvolta nel rischio cardiovascolare. Una variante del gene SLC22A4, aumenta il rischio di intolleranza ai funghi, mentre un gene alterato sul cromosoma X causa il favismo, condizione per cui l’ingestione di fave può causare la distruzione dei globuli rossi. Particolari varianti del gene HLA aumentano la probabilità di sviluppare la celiachia.
La nutrigenomica
Mentre la nutrigenetica fornisce informazioni su come si dovrebbe mangiare in base a caratteristiche del genoma per assimizzare la salute, la nutrigenomica riguarda il modo in cui gli alimenti cambiano il modo in cui le cellule leggono il DNA. Uno dei primi studi di nutrigenomica ha esaminato la salute dei figli di donne che avevano vissuto una carestia durante la gravidanza, in un’area dei Paesi Bassi durante l’occupazione nazista del secolo scorso. Queste madri avevano assunto da 400 a 800 calorie al giorno, Decenni dopo, i ricercatori hanno studiato i marcatori di salute nei loro figli adulti, scoprendo tassi elevati di obesità, malattie cardiovascolari e colesterolo alto. I ricercatori hanno quindi scoperto che i nutrienti consumati possono influire non solo sull’individuo adulto, ma persino sul feto in sviluppo e che questi effetti possono essere trasferiti alle generazioni successive. Questo meccanismo prende il nome di epigenetica. Inoltre, diversi studi epidemiologici hanno mostrato un'associazione tra l'assunzione di certi cibi e l'incidenza e la gravità delle malattie croniche (obesità, sindromi metaboliche, diabete di tipo 2, malattie cardiovascolari e alcuni tipi di cancro). La dieta mediterranea mostra effetti positivi sul genoma nell’ambito dei processi legati all’invecchiamento.
Alimenti come gli agrumi, il pomodoro, i frutti di bosco il the, il cioccolato fondente, le noci, le crucifere come i broccoli, i legumi e l’avocado hanno proprietà antiinfiammatorie e antiossidanti e la capacità di modulare la lettura dei geni.