Negli ultimi anni, abbiamo assistito ad un incremento importante di consumi di carne, a dispetto anche qui della qualità: gli allevamenti intensivi di bovini sono la produzione alimentare che incide di più oggi in termini di impronta ambientale.
Nei Paesi industrializzati, inclusa l’Italia, la dieta è caratterizzata da un alto consumo di prodotti di origine animale e, quindi, di grassi saturi, al di sopra delle raccomandazioni dell’Organizzazione mondiale di sanità (WHO) che stabilisce in 400 grammi a settimana la quantità raccomandata di carni rosse (che include bovini, suini, ovini, caprini, equini).
Uno studio recente, che ha utilizzato dati sui consumi alimentari inglesi, ha evidenziato che una riduzione del consumo di carni, aderente alle linee guida nutrizionali, può determinare un abbattimento dell’ordine del 20% dell’emissione dei GHG prodotti dal settore agricolo.
Secondo il Global Burden of Disease study, i fattori di rischio legati alla dieta contribuiscono per il 10% sulle cause di malattia e in Italia è stato stimato che il 13,5% dei disability-adjusted life years (DALY, anni di vita persi a causa di una disabilità) sia attribuibile alla dieta, che rappresenta il fattore di rischio con l’impatto più elevato.
E’ stato sottolineato che parte dei rischi siano attribuibili al consumo elevato di carne (soprattutto rossa e processata), associato a eccessi di incidenza del tumore dell’esofago, dello stomaco, del colon retto, a patologie cardiovascolari e a diabete di tipo 2. Secondo valide stime, i benefici a salute e clima di una dieta vegetariana, senza carni e con parallelo aumento di frutta, verdura, legumi, darebbero 7,4 milioni di morti all’anno meno, e 15,5 anni di vita media in più ai 9 miliardi abitanti stimati nel 2050. A conferma di ciò, molti sono gli studi che suggeriscono che la dieta mediterranea, nominata patrimonio dell’UNESCO nel 2011, sia ad oggi la dieta preventiva più salutare, confermando gli studi anticipati da Ancel Keys, dal famoso Seven Country Study. Ridurre i consumi di carne e prodotti animali a favore di un maggior consumo di legumi frutta e verdura, contribuirebbe notevolmente a ridurre l’inquinamento ambientale, abbasserebbe i costi della spesa facilitando il consumo di prodotti biologici.
E alle mamme e papà che sono preoccupati se mangiare poca carne non sia un rischio per il figlio, rispondo da nutrizionista: oggi assistiamo ad un eccessivo consumo di proteine animali, salumi che sono stati chiaramente associati a sovrappeso e obesità. In più la qualità delle carni prodotte intensivamente sono piene di antibiotici, per tenere a bada le costanti infezioni a cui questi animali incorrono vivendo stipati e in condizioni inaccettabili, e ormoni, a cui si ricorre per farli crescere velocemente, ormoni che ritroviamo nelle carni che finiscono a tavola. A quanti non è capitato di mettere una fettina in padella e vederne ridursi notevolmente la dimensione dopo una fuoriuscita di acqua? Consapevoli di questo, molti hanno recentemente intrapreso la scelta vegetariana, e a rassicurare tutti sulla sicurezza per la salute di questo regime alimentare, l’associazione dietetica americana ha preso un a posizione ufficiale dichiarando che le diete vegetariane correttamente pianificate, comprese le diete vegetariane totali o vegane, sono salutari, adeguate dal punto di vista nutrizionale e possono conferire benefici per la salute nella prevenzione e nel trattamento di alcune patologie.
Le diete vegetariane ben pianificate sono appropriate per individui in tutti gli stadi del ciclo vitale, inclusa gravidanza, allattamento, prima e seconda infanzia, adolescenza, e per gli atleti. In più, diversi lavori scientifici suggeriscono che la dieta vegetariana prevenga alcuni tipi di tumore. A chi invece non vuole rinunciare al gusto della carne, da nutrizionista, consiglio di consumarla non più di un paio di volte a settimana privilegiando la qualità degli allevamenti biologici e alternando una volta carne bianca e una sola rossa, facendo attenzione alla modalità di cottura: solo riducendo la frequenza potremmo assicurare una produzione più sostenibile e nel rispetto della salute dell’animale, e quindi della qualità delle carni.