I bambini: la DAD nella scuola d'infanzia e nella scuola primaria
Non me ne vogliate, ma è necessario per me partire da loro: i bambini sono da sempre considerati gli ultimi in questa pandemia. Tanti gli articoli, tante le chiacchiere, le belle parole da parte di molti adulti, ma nessun atto concreto veramente utile ed efficace.
Abbiamo chiesto l’impossibile ai nostri bambini e continuiamo a chiederlo: i bambini a casa vivono la loro principale essenza, sperimentano chi sono, costruiscono un’identità, mettendo in gioco se stessi con il continuo esempio e modello che sono i loro genitori; mamma e papà, queste figure meravigliose ed importanti che sono davvero dei maestri, maestri di vita, di amore e di casa.
La scuola è il luogo dove i bambini mettono in atto ciò che sono: esprimono il “fare”, socializzano, si confrontano, imparano da modalità e comunicazioni diverse da quelle familiari.
Esistono realtà di home-schooler meravigliose, ma sono scelte familiari definite e scandite da esigenze specifiche: i genitori in base alle proprie competenze e attitudini dedicano tempo ai loro bambini gestendo anche la parte di scolarizzazione, ma ripeto sono scelte personali e consapevoli.
Non tutti i bambini hanno la possibilità di avere genitori a casa che si possono dedicare a loro, e così subiscono la tensione di mamma e papà che si alternano tra lavoro, casa e compiti, sentendosi inadeguati a questo ruolo di insegnanti, perdendo di vista la relazione genitoriale a discapito del gioco, delle coccole, dei racconti, del semplice, ma necessario, far nulla.
E subiscono anche la tensione dell’insegnante, che chiede la stessa concentrazione che hanno a scuola, che chiede tempi di attesa lunghi per poter interpellare tutti, che non sempre comprende la difficoltà di stare attenti con il sottofondo del cane che abbaia, il fratellino che piange, la mamma che cerca di fare una telefonata di lavoro e la scarsa connessione.
I ragazzi: l'adolescenza durante la didattica a distanza
Stiamo chiedendo l’impossibile anche a loro che in questa fase della vita devono scoprire il mondo con occhi diversi da quelli della loro famiglia: hanno bisogno di filtri e possibilità differenti, capire chi vogliono diventare, fare un mix meraviglioso tra la visione e gli insegnamenti di casa e lo sguardo del mondo esterno, scegliere ciò che gli risuona di più e farlo loro.
Gli adolescenti iniziano timidamente a scoprire l’amore, una scoperta che va vissuta attraverso le sensazioni, gli sguardi, l’incontro con l’altro, che non è possibile attraverso un PC.
I ragazzi si stanno spegnendo, nella maggior parte dei casi non sono nemmeno più arrabbiati della condizione che stanno vivendo, sono rassegnati, ovattati, quasi anestetizzati, mancano di stimoli, pulsioni di vita interne necessarie alla produzione degli stimolatori dei recettori del sistema nervoso, utili alla crescita sana e ad un equilibrio psicofisico ottimali.
Conclusione?
Mi spiace: non stiamo tutelando i nostri figli, non stiamo facendo il loro bene. La tutela prevede che i bambini e ragazzi siano al sicuro, siano in condizioni di benessere, e no, questa non è una condizione di BEN-ESSERE. Sono convinta che gli strumenti per una soluzione diversa e migliore ci siano eccome, ed è nostro dovere trovarla!
E ricordiamoci che ho parlato di situazioni “ordinarie”, immaginate di applicare questa condizione in famiglie con difficoltà sociali, o di salute, di degrado, disabilità… Per alcuni si è ritenuto che l’inclusione prevedesse la presenza in aula da soli degli alunni che sono in stato di difficoltà, sottolineando ulteriormente la separazione dai compagni, allontanandoli dalla tanto desiderata voglia di far parte di un gruppo classe.
Sono convinta che gli strumenti per una soluzione diversa e migliore ci siano eccome, ed è nostro dovere trovarli!